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Riflessioni su alimentazione e benessere

Microrganismi effettivi: cosa sono e perché farseli

L’autoproduzione è un concetto che mi ha sempre affascinato. Pensare di poter fare molte cose da sé, ma soprattutto sapere come queste cose siano fatte, genera un rapporto speciale ed intimo con quello che nel mercato viene definito “prodotto” ma che nel caso dell’autoproduzione potrebbe essere chiamato “creatura” (più esaltante no?).
Tra le “creature”, istintivamente, viene naturale metterci le piante dell’orto o del frutteto da cui ricaviamo del cibo (io per esempio ogni tanto ci parlo visto che sono esseri viventi). Però da poco tempo ho scoperto che volendo potrei anche parlare con i miei detersivi, detergenti e concimi (e infatti lo sto già facendo 🙂 ). Di cosa sto parlando? Dei microrganismi effettivi, una tecnologia tutta naturale che utilizza il lavoro di miliardi di microrganismi per svolgere varie funzioni. È stato il giapponese (tanto per cambiare) Teruo Higa che ha studiato e sviluppato questa tecnica. Secondo alcuni però l’utilizzo dei microrganismi e dei fermentati era diffuso da millenni in paesi come la Thailandia e sarebbe stato Buddha in persona a diffondere tale pratica (wow!!!) e io vi parlerò proprio di questo metodo più tradizionale.
Comunque tornando a me: mia madre mi parla di questi microrganismi e come sempre l’ho snobbata (scusa mamma, lo sai che poi ti seguo 🙂 ). Mentre ero a casa sua ha iniziato a leggere gli utilizzi di una crema a base di microrganismi e altri ingredienti (tra cui l’avocado mi pare) e praticamente serviva per tutto: da lavarsi i denti, a idratare la pelle del viso a lavare il lavandino, e l’immagine di me che la mattina mi sveglio, mi spalmo la pappa fermentata sulla faccia, la metto nello spazzolino e mi ci lavo i denti e poi la prendo e la uso per pulire il lavandino del bagno mi ha incuriosito. Quindi mi sono fatta dire quali erano i gruppi FB che che stava seguendo e che spiegavano questa cosa e mi sono iscritta. Mi si è aperto un mondo di barattoli e secchielli pieni di limoni, mele, ananas, fiori di acacia e sambuco e foglie di ortica e rosmarino che si trasformano di giorno in giorno mostrando la loro evoluzione, le loro “ricottine” e “ragnatele”. E allora anche io dal 1 maggio ho alcuni barattoli di roba che sta fermentando aspettando di essere abbastanza matura per essere utilizzata sia per pulire, ma anche per nutrire le mie piantine dell’orto e santificare l’acqua e l’aria.
limoniIl meccanismo come funziona? Praticamente si deve mettere a fermentare un vegetale (frutta, verdura, fiori o foglie commestibili) in acqua e miele oppure zucchero integrale. Il tutto va messo in un grande vaso di vetro o di plastica (niente metallo neanche per girare) in cui si farà fermentare per almeno quattro mesi. Durante il processo di fermentazione si creeranno all’inizio delle bolle, poi delle specie di muffette o robe strane. Ecco, durante il primo mese tutte queste cose vanno spinte verso il basso in modo che i microrganismi se ne cibino. Per capire che tutto sta andando bene e che non state facendo una schifezza bisogna tenere sotto controllo l’odore: se è inizialmente alcolico e poi acetico va bene, se inizia a puzzare di morte vuol dire che qualcosa è andato storto :/ . Dopo i quattro mesi di fermentazione e comunque quando il liquido è limpido e la frutta/verdura rimane da sola immersa nell’acqua senza galleggiare, si può iniziare ad utilizzare la “creatura”. Questa andrà diluita in acqua per una serie di operazioni quali lavare i vetri, pulire tutte le superfici lavabili, spruzzare per sanificare aria e mandare via cattivi odori, combattere la polvere in casa, lavarsi i denti, combattere parassiti di piante e animali ecc…
Se però vogliamo spingerci oltre possiamo invecchiare il nostro fermentato. In questo caso lo mettiamo a riposare per almeno un anno. Più invecchia più si potenzia per cui i fermentati di sette anni sono delle vere e proprie bombe curative (sempre secondo chi utilizza questa tecnologia, io ho appena iniziato quindi non posso testimoniare in prima persona). L’idea di mettere in “cantina” una medicina per i disturbi di domani mi piace un sacco e quindi se il percorso di quattro mesi di fermentazione va bene preparerò anche qualche boccetta da invecchiamento.
Papavero
Vi ho riassunto veramente in modo conciso come si preparano i microrganismi e per che cosa si utilizzano, ma via via che li proverò vi terrò aggiornati sugli sviluppi. Se poi avete domande non esitate a contattarmi e cercherò di rispondere nel modo più esaustivo possibile, facendo affidamento sulla mie preziose fonti 🙂

Ringraziamenti ai gruppi Facebook:
“FERMENTI AMO* Microrganismi” https://www.facebook.com/groups/1601994053358133/
“Microrganismi effettivi panacea universale” https://www.facebook.com/groups/143859002440406/

“Burri” vegetali: sì o no?

Ieri parlavo con un’amica dei grassi vegetali. In particolare stavamo disquisendo su quanto sia consigliabile utilizzarli ed eventualmente quali sono quelli meno nocivi. In questo post vorrei dare giusto qualche semplice indicazione proprio per scegliere i prodotti meno dannosi.

burro veg

Innanzi tutto quando si parla di grassi vegetali, bisogna distinguere i grassi dagli oli. La differenza tra i due essenzialmente è che mentre i primi si presentano in forma solida, i secondi sono liquidi. Per fare un esempio, la margarina appartiene ai grassi vegetali, mentre l’olio di oliva agli oli. Facile!
Il problema sia degli oli che dei grassi vegetali è il modo in cui essi vengono ottenuti, perché spesso per avere buoni risultati in termini di “stabilità” del prodotto, vengono adottati metodi che non salvaguardano però la salubrità dell’alimento.
A quali metodi mi riferisco? Per quanto riguarda gli oli, dove non è specificato, o quando nell’etichetta c’è scritto “raffinato”, significa che sono stati adottati metodi di estrazione chimica. Praticamente vengono usati dei solventi che astraggono l’olio. Anche se magari non sentiamo sapori strani, residui di questi prodotti chimici rimangono nell’olio. Di conseguenza se possibile cerchiamo di acquistare solo oli spremuti a freddo. Ciò significa che l’olio viene estratto dai semi (mais, girasole, oliva, sesamo ecc…) meccanicamente, per esempio per pressatura o spremitura.
Per quanto riguarda i grassi invece, il grasso vegetale più conosciuto è la margarina. La margarina viene molto utilizzata soprattutto nei dolci confezionati perché ha un costo inferiore rispetto al burro e perché si conserva più a lungo. Essa contiene molti grassi saturi, più nocivi per la salute, anche se molti credono che sia più leggera del burro. Di solito la margarina è costituita da un mix di oli vegetali che vengono emulsionati con particolari tecniche insieme all’acqua.
La margarina e i grassi vegetali in genere sono nocivi quando viene adottato il metodo dell’idrogenazione. Questa tecnica viene utilizzata per ottenere una consistenza solida e spalmabile, ma allo stesso tempo trasforma i grassi polinsaturi in grassi trans, i quali aggravano o causano malattie cardiovascolari. Il motivo per cui viene usata questa tecnica è perché tramite l’idrogenazione i grassi durano di più, sono più stabili e solidi.
In Italia è ancora consentito l’utilizzo dei grassi idrogenati, quindi il modo migliore per evitarli è acquistare, eventualmente, solo prodotti che riportano la dicitura “grassi non idrogenati”. Si tratta di prodotti sottoposti ad altre tecniche, come il frazionamento, che separa la parte liquida dell’olio da quella grassa in modo da ottenere un effetto solido. Anche per quanto riguarda questi prodotti però bisogna stare attenti perché gli oli di base potrebbero essere raffinati e quindi estratti comunque con sostanze chimiche.
Quindi, il mio consiglio, se proprio vogliamo usare dei grassi vegetali sostitutivi del burro perché ci è venuta un’irresistibile voglia di pasta frolla, è comparare un burro vegetale biologico non raffinato e non idrogenato.
Sicuramente qualcuno può dire: visto che ci sono tutti questi problemi, perché non farne completamente a meno? Giusto! Se ci riusciamo, benissimo! Non abbiamo bisogno del burro di soia o di cocco. L’olio di oliva o di altri semi suppliscono perfettamente a tutte le nostre esigenze “grassifere”. Però a volte capita (a me in particolare) di voler replicare in qualche modo ricette che tradizionalmente vengono fatte con il burro oppure di voler ottenere per una preparazione un certo effetto, per cui la consistenza di quel particolare grasso vegetale ci avvicina maggiormente all’obiettivo desiderato. In questi casi, almeno io, mi concedo uno sgarro. Come ha detto il prof. Berrino, l’importante è curare il nostro “pane quotidiano”, quello che mangiamo tutti i giorni. Non è quello che mangiamo ogni tanto che ci farà ammalare!

Cereali integrali

Come è fatto il chicco del cereale e perché è meglio consumare quelli integrali?

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Secondo molte correnti di pensiero, sarebbe ideale consumare cereali integrali a discapito di quelli raffinati. Effettivamente anche a logica questo sembra più che coerente, ma, giusto per correttezza, voglio dire che ci sono alcuni regimi alimentari che scoraggiano in generale il consumo di cereali (per esempio le diete proteiche) perché troppo calorici. In altri casi viene raccomandato di mangiare cereali integrali solo se biologici visto che le sostanze chimiche si depositerebbero in parte sullo strato esterno del chicco (la crusca). Nella macrobiotica infine viene suggerito di mangiare cereali in chicchi e non trasformati in farina perché solo nella forma del chicco il cereale mantiene tutte le sue caratteristiche.
Come è formato un chicco di cereale, come il grano per esempio? Escludendo il guscio (pula) che è la parte più esterna e che viene scartata perché fatta essenzialmente di cellulosa, sono tre le parti che lo costituiscono, e precisamente:

1) la crusca, che è la parte più esterna e ricca di fibre. Questo strato protegge il chicco dai parassiti, dalle malattie ed è quella che contiene molte vitamine come quelle del gruppo B;
2) il germe, che contiene oltre ad alcune vitamine (B e E) anche dei sali minerali;
3) l’endosperma che è la parte più ricca di proteine e zuccheri.

Le farine integrali, in particolari quelle macinate a pietra, contengono tutte e tre le parti del chicco e quindi conservano tutte le proprietà nutritive del cereale: le vitamine ed i sali minerali, gli zuccheri che ci danno energia e le fibre, importanti per l’intestino e per la corretta assimilazione degli zuccheri. Va considerato infatti come elemento positivo che gli zuccheri delle farine integrali vengono assimilati in modo più lento rispetto a quelli della farina raffinata (00) che è costituita essenzialmente dall’endosperma che è la parte che contiene l’amido. Basta guardare una tabella che riporta l’indice glicemico (l’indice glicemico indica la velocità con cui aumenta la glicemia dopo aver mangiato una certa dose di alimento), per vedere come le farine raffinate abbiano valori molto più alti di quelle integrali. Quindi se per esempio vogliamo controllare il nostro peso, non facciamo solo un raffronto sulle calorie, che di fatto non vede un grosso scarto tra cereali integrali e non, ma andiamo a guardare anche tutti questi altri fattori.

Appurato quindi che sarebbe buona cosa inserire nella nostra alimentazione cereali integrali in chicchi, e che questi chicchi contengono importanti sostanze per il nostro benessere, dobbiamo, quando possiamo, adottare cotture che preservino tali sostanze. Per questo sarebbe l’ideale cuocere i cereali in poca acqua (il doppio della quantità di cereale) a fuoco basso e lasciare che il liquido venga assorbito dai chicchi, senza quindi dover scolare l’acqua in eccesso.

Nella categoria “Basi di cucina vegetale” riporterò il procedimento dettagliato su come cuocere i cereali integrali.

Perché mangiare vegetale?

In questo post vi dirò a grandi linee perché ho deciso di prediligere uno stile alimentare vegetale.

vegetali-colore

Innanzi tutto cosa vuol dire scegliere di mangiare alimenti vegetali? Significa alimentarsi non solo di verdura e frutta, ma anche di cereali, semi, legumi, alghe, oli, insomma, di tutto ciò che ha un’origine vegetale. Questo implica che invece eviteremo di mangiare cibi provenienti da fonti animali e quindi non solo carne e pesce, ma anche latticini e uova.
I motivi per cui ho scelto di orientarmi sempre di più verso questo tipo di alimentazione sono principalmente tre. Li elencherò ma vorrei precisare che non sono ordinati in modo gerarchico. Di solito chi sceglie un’alimentazione vegetale inizia per un motivo particolare, quello che diciamo gli accende la lampadina, però con il passare del tempo le motivazioni diventano equivalenti quindi, ripeto, non c’è un motivo più importante o più rilevante di un altro.
Una delle ragioni è prendermi cura del mio corpo e della mia salute. Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano come un’alimentazione ricca di alimenti animali sia dannosa per il nostro fisico, provocando le cosiddette “malattie del benessere.” Al contrario gli alimenti vegetali che tradizionalmente sono sempre stati considerati dei contorni, stanno salendo la scala alimentare. Siamo quasi arrivati al punto in cui la convinzione che una dieta povera e priva di alimenti animali sia carente di proteine, è considerata obsoleta. Yeah!!!
Il secondo motivo è la tutela dell’ambiente. Organizzazioni internazionali come la FAO tanto per citarne una, hanno prodotto report e relazioni che studiano l’impatto ambientale dell’industria dell’allevamento e mostrano che questa non sia un’attività sostenibile (e a quanto pare neanche così redditizia). L’allevamento contribuisce ad aumentare l’effetto serra, l’inquinamento delle acque e l’aumento della deforestazione. Devo dire che questo è stato il motivo che ha acceso la mia lampadina e che mi ha spinto ad impegnarmi per limitare il mio consumo di prodotti animali.
Infine un’altra ragione a favore dell’alimentazione prettamente vegetale è legata a motivi etici. Le poche volte che mi è capitato di vedere dei video che documentano la vita, e la morte, degli animali di allevamento, non sono riuscita ad arrivare in fondo. Stavo troppo male, fisicamente. Una volta ho rischiato di svenire e mi sono dovuta distendere a terra con le gambe in aria! Mi sono detta quindi: se non riesco neanche a vedere cosa accade in un mattatoio, perché dovrei voler mangiare la carne che deriva da quello che appunto accade là dentro? Inoltre se vi capiterà di vedere uno di questi video, vedrete immediatamente come la vita di animali in questi ambienti è, oltre che crudele, anche completamente innaturale. La domanda che è venuta a me è: ma cosa ci fa un maiale in un corridoio con piastrelle bianche e tornelli in acciaio? Anche per questo motivo quindi ho deciso di prediligere l’alimentazione vegetale in modo da dare il mio contributo per limitare la sofferenza e lo sfruttamento degli animali.
Nei prossimi post cercherò di sviscerare meglio questi tre aspetti e chissà che anche a qualcuno di voi non si accendo una lampadina! (a basso consumo eh!!!) 🙂